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Neuromarketing: come le neuroscienze rivoluzionano il marketing
27 Agosto

Cos'è il neuromarketing ed esempi

Martina Abbondio
Neuromarketing: come le neuroscienze rivoluzionano il marketing

Hai mai sentito parlare di neuromarketing? Probabilmente questa parola non ti dirà nulla, ma se ti dicessimo che ne sei “vittima” ogni giorno, ci crederesti? 
Vediamo perché in questo articolo sul neuromarketing con alcuni esempi di applicazione.

Indice:

Definizione di neuromarketing
Neuromarketing: quali strumenti utilizza
Le neuroscienze nel marketing tradizionale
Il neuromarketing nel web
Come sfruttare le neuroscienze nel content marketing
Conclusioni

 

Definizione di neuromarketing

Con il termine “neuromarketing” si intende una disciplina che deriva dall’applicazione delle conoscenze neuroscientifiche al marketing, con lo scopo di analizzare i processi irrazionali che avvengono nella mente del consumatore che influiscono inconsapevolmente sulle decisioni di acquisto o sul coinvolgimento emotivo nei confronti del brand. In poche parole, il neuromarketing studia il cervello per prevedere le decisioni dei consumatori. 

È una disciplina piuttosto recente: infatti, il termine viene coniato poco più di venti anni fa, nel 2002, da Ale Smitds, professore di Marketing presso la Rotterdam School of Management. Iniziò a studiare le aree cerebrali che si attivano quando un individuo metteva in atto processi decisionali. 

Ma perché si sente il bisogno di applicare queste pratiche al marketing? Semplicemente perché non sempre gli individui dicono ciò che pensano, per una serie infinita di motivi. Le risposte non veritiere possono condizionare i risultati di questionari o focus group. Applicando gli strumenti e le conoscenze neuroscientifiche, invece, il marketing può esaminare i processi decisionali, attingendo anche a discipline come l’economia comportamentale e la psicologia cognitiva per avere un quadro completo sul consumatore e sulle motivazioni inconsce che guidano le sue scelte.

Neuromarketing: quali strumenti utilizza

Il neuromarketing, per misurare le reazioni psicofisiologiche generate da determinati stimoli, utilizza differenti tipologie di strumentazioni: vediamone alcune.

- fMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging): questa è una tecnica di brain imaging, tecnica che permette di fotografare le aree attivate nel cervello sotto l’effetto di un determinato stimolo. L’fMRI elabora una sequenza di immagini dell’attività cerebrale mediante la misura del flusso sanguigno cerebrale. È in grado di analizzare il comportamento delle più piccole strutture del cervello del consumatore e sfrutta le proprietà magnetiche dell’emoglobina dei globuli rossi. Questa è stata la tecnica utilizzata nel celebre esperimento Pepsi vs Coca Cola. Se non sai di cosa si tratta, ne abbiamo parlato qui!

-  EEG: questo strumento misura l’attività elettrica del cervello che permette di misurare l’andamento di alcuni indici di coinvolgimento emotivo, fra cui l’attenzione generale, l’attenzione focalizzata, l’indice di apprendimento, l’indice di memoria e l’indice di semplicità. Le onde cerebrali rilevate indicano come i consumatori reagiscono se messi di fronte a determinati stimoli come un prodotto, uno spot, un packaging, un sito web ecc...

- Eye tracking: permette di registrare la dilatazione e la contrazione della pupilla sfruttando l’eye tracker, uno strumento a infrarossi, per comprendere cosa attira l’attenzione del consumatore e cosa invece ignora. Questi occhiali speciali registrano dove si ferma lo sguardo della persona e per quanto tempo, per comprendere il percorso di lettura del consumatore e scoprire quali elementi sono rilevanti per chi osserva e quali sono invece ignorati. 

- Riconoscimento emozioni facciali: il sistema si serve di un software che crea una mappa del viso per individuarne le caratteristiche generali. Studia i vari mutamenti elaborando la correlazione tra espressione neutra del viso e una serie di modelli predefiniti che rappresentano le emozioni.

- ECG: questo strumento consente di analizzare la correlazione fra emozioni e il campo elettrico del cuore in modo semplice e non invasivo (sì, è lo strumento con cui fai l’elettrocardiogramma dal medico!). Il neuromarketing sfrutta i tracciati dell’ECG per capire come le emozioni variano nel corso del test. Alcune emozioni infatti sono notoriamente collegate alla variazione dell’attività cardiaca!

Le neuroscienze nel marketing tradizionale

I luoghi più comuni in cui il neuromarketing viene sfruttato appieno sono supermercati e negozi, in generale tutto il mondo del retail che fa di tutto per portare il consumatore all’acquisto. Per questo, all’inizio dell’articolo, ti abbiamo detto che ne sei “vittima” ogni giorno! Vediamo come il retail sfrutta questa disciplina con alcuni esempi.

Disposizione dei prodotti nel retail

A partire dal layout e alla disposizione dei prodotti: nelle aree ad alto traffico (vicino alle casse, l’ingresso) vengono collocati i prodotti di maggior profitto, mentre le zone meno visitate ospitano prodotti di prima necessità quotidiana, incentivando così i clienti a esplorare l’intero negozio. 

Neuromarketing e colori

Anche i colori svolgono un ruolo fondamentale: i colori caldi vengono associati a determiante aree per stimolare l’appetito e attirare l’attenzione sui prodotti, mentre i colori freddi vengono utilizzati per creare un’atmosfera di calma e fiducia, adatta per reparti di prodotti freschi come frutta e verdura.

La musica

La musica, invece, è in grado di influenzare il ritmo di camminata dei clienti. Una musica lenta può indurre il cliente a rimanere più a lungo in negozio, aumentando la possibilità di acquisto. Una musica più vivace è in grado di accelerare il ritmo di camminata e viene sfruttata in momenti di affluenza. 

Gli odori nei supermercati

Gli odori, infine, sono un’altra strategia comunemente utilizzata nei supermercati: diffondere l’aroma di pane appena sfornato o caffè nella zona forno può stimolare l’appetito e incoraggiare acquisti impulsivi. 

Prezzi: i 99 centesimi

Anche i prezzi dei prodotti influenzano la nostra percezione e i nostri acquisti. Tutti i prezzi che vediamo finire in ,99 centesimi e simili sono pensati per farci credere che il prezzo sia inferiore. A livello razionale il consumatore sa benissimo che è solo un trucchetto e che 1,99 sia praticamente identico a 2,00. Però a livello inconscio interpretiamo quel prezzo come più vicino a 1 che a 2 e di conseguenza lo percepiamo come più vantaggioso. 

Il neuromarketing nel web

Ma non solo marketing tradizionale: le neuroscienze sono di grande aiuto anche nel contesto dei siti web e degli e-commerce, per comprendere meglio le preferenze e i comportamenti dei consumatori online. 
Analizzando e tracciando il comportamento dei visitatori sul sito web, si possono capire quali elementi del design e del contenuto funzionano meglio per attirare l’attenzione e incoraggiare le conversioni. Viene utilizzato anche l’A/B Test, una tecnologia di imaging cerebrale, per testare differenti versioni di una pagina web e determinare quali elementi causano maggiore attività cerebrale legata all’interesse e alla motivazione. Comprendere i desideri e le esigenze dei consumatori per personalizzare il contenuto e la pubblicità di conseguenza può essere facilitato grazie al neuromarketing, che può essere utile anche per la comunicazione visiva e migliorare l’interfaccia utente. 

Come sfruttare le neuroscienze nel content marketing

Ma nel concreto, come possiamo applicare le ricerche fatte dalle neuroscienze al marketing? Esploriamo cinque dei modi più importanti in cui possiamo sfruttare le intuizioni di questa disciplina per migliorare e perfezionare una strategia di content marketing.

1. Usare le emozioni per “svegliare” il cervello: il nostro cervello si attiva se stimolato da emozioni potenti e intense. Se l’emozione che proviamo è positiva, il nostro cervello ci sveglia affinché possiamo godere degli aspetti che inducono piacere; se l’emozione è, invece, negativa, il cervello ci sveglia per proteggerci da essa. Dunque, qualsiasi contenuto che susciti emozioni di qualsiasi tipo, svolge un ruolo chiave nell’attivazione del nostro cervello e ci rende più propensi ad assorbire e ricordare il contenuto.

2. Appellarsi agli istinti egoistici del cervello: il nostro cervello è tendenzialmente egoista per mantenerci in vita e farci sentire bene con noi stessi. Per questo, i contenuti di marketing che gratificano l’ego del lettore e lo fa sentire in pace con la sua condizone emotiva, fisica e mentale, sono più propensi ad essere accolti.

3. Soddisfare il desiderio del cervello per la familiarità: il motivo per cui il branding è così potente nel mondo del marketing è il desiderio del nostro cervello di ottenere sicurezza dalle interazioni con il mondo che lo circonda. Quando riconosciamo schemi familiari, il nostro cervello risponde producendo la neurochimica del piacere, ovvero la dopamina. Per questo è importante, per un brand, utilizzare font, immagini, grafiche e colori sempre coerenti nella produzione di contenuti.

4. Evitare la complessità: i nostri contenuti dovrebbero essere sempre semplici e diretti per il lettore perché qualsiasi cosa che il cervello percepisce come difficile da elaborare diventa automaticamente  dispendioso in termini di tempo e si tende ad evitarlo. Per questo è sempre bene utilizzare dei font appropriati e ben leggibili, grafiche poco complesse e blocchi di testo piccoli.

5. Sorprendere il cervello con scelte di parole inaspettate: quando leggiamo un contenuto, il cervello tende a elaborare rapidamente le informazioni predicendo le parole e le costruzioni frasali che sic aspetta di trovare. Così facendo, il lettore può saltare e scorrere il contenuto assorbendo comunque i messaggi e i temi centrali. Nel content marketing è utile, quindi, utilizzare scelte di parole e costruzioni frasali inaspettate, che stimolino e sveglino il cervello, dunque giocare con le parole e manipolare (con parsimonia) il linguaggio.

Conclusioni

Sappiamo che hai appena letto un sacco di informazioni e che possono sembrare complicate, quindi riassiumiamo un po’ quanto detto.

Il neuromarketing rappresenta, quindi, una rivoluzione nel modo in cui le aziende comprendono e influenzano i comportamenti dei consumatori. Applicando le conoscenze neuroscientifiche, il marketing è in grado oggi di esplorare i processi irrazionali che avvengono nel cervello umano, permettendo di prevedere e indirizzare le decisioni di acquisto in modo più efficace. Grazie agli strumenti come fMRI, EEG e eye tracking, i neuroscienziati hanno scoperto moltissime cose interessanti sul cervello, che gli esperti di marketing hanno applicato al proprio lavoro: è per questo che, entrando in un negozio, un occhio più allenato può individuare un uso strategico di colori, musica e odori.

Il neuromarketing non si limita solo ai contesti fisici come supermercati e negozi, ma trova applicazione anche nel mondo digitale. Analizzare il comportamento dei visitatori sui siti web e negli e-commerce permette di ottimizzare il design e i contenuti per massimizzare l'engagement e le conversioni. Inoltre, nel content marketing, l'utilizzo delle emozioni, la gratificazione degli istinti egoistici, la creazione di familiarità, la semplificazione dei contenuti e l'uso di parole inaspettate sono strategie chiave che possono essere implementate grazie alle intuizioni fornite dalle neuroscienze.

Per concludere, il neuromarketing è un potente alleato per le aziende che desiderano comprendere meglio i loro clienti e creare strategie di marketing più mirate ed efficaci. Sfruttando le neuroscienze, i marketer possono creare esperienze che non solo attirano l'attenzione, ma che rimangono impresse nella mente dei consumatori, portando a una maggiore fedeltà e soddisfazione.

 

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