Il 9 marzo del 1959 viene messa in commercio la prima Barbie, la bambola destinata a diventare un’icona in tutto il mondo. Ma come è riuscita, dopo tutti questi anni, a rimanere tale?
65 anni fa alla fiera internazionale del giocattolo di New York, venne presentato il primo modello di Barbie, dall’idea geniale di Ruth Handler, cittadina statunitense del Wisconsin che, motivata dal voler dare alla figlia Barbara una bambola “adulta” con cui giocare, ha voluto donarle qualcosa che ancora non esisteva. Infatti, le bambole in commercio ai tempi erano prevalentemente dei neonati, pensati per far sì che le bambine potessero immedesimarsi nel ruolo di madri. La figlia di Ruth, però, era solita giocare con bambole di carta ritagliate dalle riviste, e si divertiva a collocarle in scene di vita quotidiana. Era evidente che mancasse, nel mercato dei giocattoli dell’epoca, un modello di riferimento adulto da cui le bambine potessero prendere ispirazione.
Ruth, moglie del co-fondatore dell’azienda di giocattoli Mattel, propose l’idea al marito che si dimostrò restio fino a che non vide, dopo un viaggio in Svizzera, il successo che stava riscuotendo Bild Lilli, una bambola ispirata ai fumetti dell’epoca e ben diversa dagli standard: era in plastica e non in porcellana e, soprattutto, rappresentava una donna adulta e non una bambina.
Così il 9 marzo 1959 nasce Barbie, chiamata così in onore della figlia Barbara. La prima Barbie era alta circa di 30 cm, indossava un costume intero a righe e aveva i capelli neri, accompagnati da un trucco marcato e molti accessori. Solo nel primo anno di produzione la Mattel riuscì a venderne ben 350.000 pezzi: un vero successo, destinato ad aumentare sempre di più. L’anno successivo venne proposta la stessa bambola con i capelli biondi, che venne preferita dalle bambine rispetto alla sua variante mora.
Barbie come simbolo di una battaglia sociale
Il successo di Barbie non è dovuto solo al fatto di essere stata la prima bambola di questo tipo messa in commercio: Barbie è stata, e continua ad essere, il simbolo di una battaglia sociale, quella dell’emancipazione femminile, nonché il simbolo del cambiamento della società decennio dopo decennio.
Una vera rivoluzione per l’empowerment femminile, grazie all’idea di Ruth di “mostrare alle bambine che sarebbero potute diventare chiunque desiderassero”, con un giocattolo che potesse rappresentare una donna con delle scelte.
Così Barbie è diventata maestra, modella, infermiera, assistente di volo, e anche astronauta. Mattel infatti, nel 1965 anticipa la missione di Neil Armstrong, che mise piede sulla luna solo tre anni dopo, lanciando sul mercato la prima Barbie Astronauta della storia. Barbie comincia ad accostare professioni tipicamente maschili al sesso femminile, facendosi promotrice della parità tra i sessi nel mondo del lavoro.
Barbie cambia con la società
La società, decennio dopo decennio, si è evoluta, e Barbie con lei, per rifletterne il cambiamento e rispondere alle richieste di un mercato in continua e rapida evoluzione.
Negli anni ‘60 Barbie ricopre cariche politiche, diventa un volto del cinema, viene affiancata da Ken, il suo compagno per tantissimi anni (nel San Valentino del 2004 si lasciano, per poi rimettersi insieme nel 2011!), e sbarca in Italia. Viene introdotta anche la prima bambola afroamericana, Christie, nel 1968, creata durante la fine del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti, che però rappresentava solo un’amica di Barbie. Negli anni ‘70 Barbie si dedica, invece, alle professioni più disparate, diventando anche chirurgo, in un periodo in cui pochissime donne avevano la possibilità di frequentare medicina all’università.
Barbie e l’inclusività
Il maggior successo fu ottenuto dalla Barbie Malibù, bambola con un viso più tondo, una notevole abbronzatura e dei lunghi capelli biondi sciolti, ponendo fine all’era della Barbie Vintage e contribuendo a definire un ideale di bellezza che, a partire dagli anni 2000, viene ampiamente criticato a causa del suo essere poco realistico e poco inclusivo. Troppo magra e troppo perfetta, rappresenterebbe secondo l’International Journal of Eating Disorders, una persona alta circa 1.75 con 99 cm di seno, 53 di giro vita e 83 di fianchi. Bisogna aspettare fino al 2015 per vedere una Barbie ben più vicina alla realtà e alla quotidianità del suo pubblico.
Viene lanciata, infatti, la linea Barbie Fashionistas, una collezione composta da Barbie con 7 diverse tonalità di pelle, 24 tipi di acconciature, 22 colori di oggi e 3 taglie, petit, tall e curvy. In questo modo, dopo un lungo periodo di crisi dovuto sia alle critiche ma anche alla diffusione, sul mercato, di prodotti alternativi come le Bratz, Barbie riesce a risollevarsi, dimostrando di essere ancora una volta in grado di evolversi e adattarsi alla società e alle sue esigenze.
Nonostante non siano le prime Barbie non stereotipate, con i classici capelli biondi e la pelle chiara – si ricordano, ad esempio, Barbie afro-americana e latina, lanciate nel 1980 – le bambole della linea Fashionistas hanno aperto le porte all’inclusività a 360 gradi, includendo anche quelle affette da disabilità, come la Barbie in sedia a rotelle, quella con la sindrome di down, quella non udente e tante altre, accompagnate dai rispettivi Ken, anche loro disponibili, oggi, in un’infinità di varianti.
Conclusioni
A partire dal 1959 ad oggi, Barbie è sempre stata lo specchio della società, in grado di stare al passo con i tempi. Dall’essere icona del consumismo degli anni ‘60, fino a rappresentare le richieste di una società sempre più multietnica, dall’essere lo stereotipo di una donna troppo perfetta e troppo magra all’acquisire chili, forme diverse e disabilità, oggi Barbie ci ricorda che non esiste un modello unico di femminilità, andando ad abbracciare una visione più aperta e progressisita della società, molto sensibile ai temi dell’inclusività e del femminismo.
Dunque, un’icona culturale che ha cercato di adattarsi alle mutevoli sensibilità sociali: e ci è riuscita, come dimostra il grande successo che ha avuto, nell’estate 2023, l’uscita nei cinema del film diretto da Greta Gerwig “Barbie”, che solo nel primo giorno di programmazione ha incassato più di 2 milioni di euro, dimostrando di essere perfettamente in grado di parlare anche alle nuove generazioni, anche grazie alla sua strategia di comunicazione che è riuscita a conquistare tutti.