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L'esplosiva popolarità delle Emoji: un viaggio nella loro storia
31/05 2024

La storia delle "faccine" più famose al mondo

Martina Abbondio
L'esplosiva popolarità delle Emoji: un viaggio nella loro storia

Le emoji sono “piccole icone a colori usata nella comunicazione elettronica per esprimere un concetto o un’emozione” (Treccani).

E come ogni singolo aspetto della comunicazione digitale, anche le emoji si sono evolute molto velocemente nel corso degli anni, fino a diventare ormai parte del linguaggio quotidiano del web, tanto che sarebbe difficile pensare, ad esempio, a WhatsApp senza di esse!
Queste “faccine” gialle superano quelle che sono le barriere linguistiche per aprire il campo a un mondo di emozioni in un modo sempre più universale. Scopriamo in questo articolo la storia delle emoji e come hanno acquisito l’importanza che hanno oggi nel mondo della comunicazione e del marketing.

Indice:

1. Dalle emoticon alle prime emoji giapponesi
2. Le emoji escono dal Giapponese
3. Le emoji nel marketing
4. Conclusioni

1. Dalle emoticon alle prime emoji giapponesi

Le emoticon sono state le precursori delle emoji e sono nate molto prima dell'era di internet e degli smartphone. Il primo uso registrato di un'emoticon risale al 1982, quando il professor Scott Fahlman dell'Università Carnegie Mellon utilizzò :-) e :-( in un messaggio su un forum online per indicare se i messaggi fossero da interpretare come umoristici o seri.
Da allora, le emoticon hanno assunto una vasta gamma di forme e significati e sono state utilizzate ampiamente in email, chat e forum online.


Le emoji, invece, sono diventate popolari con l’avvento degli smartphone e dei social media.
Il termine emoji deriva dal giapponese e significa letteralmente “immagine” (e) + “carattere” (moji). Le prime risalgono al 1999, create da Shiketaka Kurita, un ingegnere giapponese che lavorava per la compagnia di telecomunicazioni giapponese NTT DoCoMo. Kurita creò 176 piccole icone dalle dimensioni di 12x12 pixel che rappresentavano una vasta gamma di emozioni, oggetti e simboli, le cui tavole originali sono oggi esposte al MoMA di New York. 


Le compagnie telefoniche giapponesi, vedendo lo straordinario potenziale commerciale di questi simboli, iniziarono ad implementare le emoji nei loro dispositivi ma l’assenza di uno standard condiviso portò immediatamente al caos più totale: le emoji di un produttore non si visualizzavano su dispositivi di altri marchi, generando confusione fra gli utenti. Il problema verrà risolto solo nel 2005 quando, nel frattempo, il numero di emoji aveva superato gli 800 elementi.

2. Le emoji escono dal Giappone

Il grande successo che questi simboli grafici ebbero, però, non uscì dal Giappone fino all’arrivo di Apple, che nel 2007 lanciò il suo primissimo iPhone. Vedendo la straordinaria diffusione fra gli utenti asiatici, Apple decise di implementare le emoji nel proprio software iOS, ma solo nei modelli giapponesi, pensando che il pubblico statunitense non fosse interessato. 
Solo nel 2011, con l’introduzione di iOS 5, Apple iniziò a supportare ufficialmente le emoji e nel 2013 anche Android le implementò nei propri dispositivi. Da allora, sono diventate parte integrante della comunicazione digitale, consentendo alle persone di esprimersi in modo più vivace e concreto attraverso testi e messaggi. 
Le emoji sono ora disponibili su una vasta gamma di piattaforme e sono regolarmente aggiornate per includere nuove icone e riflettere l’evoluzione del linguaggio e della cultura popolare.

3. Le emoji nel marketing 

Abbiamo visto come le emoji abbiano acquisito sempre più importanza nel mondo della comunicazione: questo colpisce, ovviamente, anche il marketing! Si sono rivelate degli alleati preziosi per comunicare con il pubblico target e per trasmettere la personalità di un marchio. Ma in cosa possono essere davvero utili per chi si occupa di marketing digitale? 
- Catturare l’attenzione per aumentare il coinvolgimento, ad esempio nell’email marketing o nelle notifiche push: email e notifiche con emoji nell’oggetto hanno un tasso di apertura superiore rispetto a quelle senza;
- Esprimere emozioni e personalità, umanizzando il marchio e definendo il suo tone of voice;
- Migliorare il significato e la chiarezza del messaggio: si possono utilizzare le emoji nei copy dei post di Instagram per evidenziare i vantaggi o le caratteristiche di un prodotto o servizio e rendere più leggibile il testo;
- Attirare le generazioni più giovani.
Ma, nel concreto, come posso utilizzare le emoji nel marketing della mia azienda? Vediamo alcuni esempi di brand che sono riusciti a implementarle in modo efficace nelle proprie campagne pubblicitarie. 

    1. Chevrolet 

Nel 2015 Chevrolet, per il lancio del suo modello “Cruze”, ha rilasciato un comunicato stampa scritto solo mediante l’uso di emoji, utilizzandole come un codice linguistico a tutti gli effetti, perché “le parole da sole non bastano a descrivere questo nuovo modello di auto”.
La campagna ha senza dubbio attirato l’attenzione ma ha suscitato anche alcune polemiche a causa d

ella difficoltà nella decodifica del messaggio. La casa automobilistica ha, successivamente, rilasciato dei  video YouTube per aiutare gli utenti a decifrarlo. 

https://s.marketwatch.com/public/resources/images/MW-DO572_chevwh_ZH_20150622151756.jpg

    2. WWF

Nel 2017 il WWF ha lanciato la campagna #EngangeredEmoji per sensibilizzare gli utenti sulla questione delle specie in via di estinzione, utilizzando 17 emoji di animali in via di estinzione, incoraggiando le persone a donare dieci centesimi ogni volta che utilizzavano una di queste emoji sui propri social. “Ogni emoji conta. Aiuta a salvare le specie in via di estinzione con #EngangeredEmoji” era lo slogan della campagna.

 

https://lh5.googleusercontent.com/proxy/YYNxGUpV1txgwRr6Naxp1gHNGy3hZMEqVJVk2dlkLssfTMJFvy2pp6-Zpwltr6penFjJIE-5dkiOXY10azkvoGLVQ84bWRnS3o8npKq65xVZE49-WYqQ8iqu

 

    3. Domino’s Pizza

Infine, Domino’s Pizza, catena di fast food americana, ha sfruttato le emoji per vendere le proprie pizze tramite Twitter. Agli utenti bastava collegare il proprio account Twitter (oggi X) a quello Domino’s, twittare l’emoji di una pizza con l’hashtag #EasyOrder per poter approfittare del take away. 
Poco dopo è stata implementata anche la possibilità di ordinare tramite SMS, inviando sempre la stessa emoji a un numero di telefono dedicato. Funziona allo stesso modo: collegando il numero di telefono all’account Domino’s, il cliente può ordinare e ricevere il proprio ordine in pochissimo tempo. 

https://www.hispanicprblog.com/wp-content/uploads/2015/05/Screen-Shot-2015-05-25-at-5.55.40-PM.png

4. Conclusioni

In conclusione, abbiamo esplorato l'origine e la diffusione globale delle emoji, che si sono affermate come un elemento fondamentale nella nostra comunicazione digitale, specialmente sui social media. Non solo sono diventate un modo per esprimere emozioni e concetti in modo rapido ed efficace, ma sono anche diventate uno strumento di marketing innovativo, adottato persino da grandi marchi come Chevrolet per lanciare campagne pubblicitarie di successo.
Tuttavia, i trionfi di questi esempi non dovrebbero essere interpretati come una garanzia di successo automatico: quando si tratta di utilizzare le emoji, è essenziale considerare il contesto, il pubblico di destinazione e scegliere il momento opportuno per integrarle nella comunicazione. È fondamentale comprendere il significato delle emoji e assicurarsi che siano appropriate per il contesto in cui vengono utilizzate.
Evita l'abuso e assicurati che le emoji supportino il messaggio del tuo marchio.
Dunque, perimenta liberamente l'utilizzo delle emoji nella tua strategia di comunicazione sui social media e oltre, ma fallo in modo consapevole e ponderato.

 

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